Due meravigliosi discorsi da vedere, ascoltare, imparare. La stigmatizzazione dell’errore a scuola come in azienda, ci porta a perdere la nostra capacità creativa ed innovativa. Minaccia la nostra stessa sopravvivenza. Quanto nelle nostre organizzazioni sappiamo dare spazio anche a diversi, inaspettati e creativi talenti?Come ci comportiamo rispetto ai problemi? Dedichiamo tempo ad ideare cose nuove, nuove attività, spazi di elaborazione?
n. 1
n. 2
Traduzione Speech 1
Buon giorno. Come state? È stato meraviglioso, no? Sono rimasto stravolto da tutto quanto.Infatti, me ne vado. (Risate) Sono emerse tre tematiche durante la conferenza, che sono attinenti a quello di cui vorrei parlare. La prima è l’evidenza straordinaria della creatività umana in tutte le presentazioni che abbiamo visto e in tutte le persone qui. La sua diversità, la sua varietà. La seconda è che ci troviamo in una situazione nella quale non abbiamo idea di quello che succederà in futuro. Non abbiamo idea di come si svilupperà.
Ho un interesse per l’istruzione, per l’educazione. A dir il vero, mi sembra che tutti abbiamo un interesse per l’educazione. O no? Lo trovo molto interessante. Se sei ad una festa e diciche lavori nell’ambito educativo – francamente, non vai spesso alle feste, se lavori in questo settore. (Risate) Non ti chiamano proprio. E, curiosamente, non verrai più reinvitato. Che strano. Se invece lo sei e dici a qualcuno, sai com’è, ti chiedono, “Che lavoro fai?” e tu rispondi che insegni, vedi subito come diventano pallidi in faccia. Pensano “Oh mio Dio, perché proprio a me? … L’unica serata libera in tutta la settimana”. (Risate) Ma se tu chiedi dei loro studi ti attaccano al muro. Perché è qualcosa che ci tocca profondamente, vero? Un po’ come la religione, i soldi e altre cose. Ho un grande interesse per l’educazione e credo che lo abbiamo tutti. Perché ci riguarda un sacco, in parte perché è l’educazione chedovrebbe prepararci per questo futuro incerto. Se ci pensate, i bambini che cominciano ad andare a scuola quest’anno andranno in pensione nel 2065. Nessuno ha la più pallida idea –nonostante tutte le considerazioni esperte presentate in questi quattro giorni – come sarà il mondo tra cinque anni. Eppure abbiamo il compito di preparare i nostri figli per esso. Per cui l’imprevedibilità, io credo, è straordinaria.
E la terza cosa è che siamo tutti d’accordo, nonostante tutto, sulla davvero straordinaria capacità che i bambini hanno, le loro capacità di innovazione. Sirena l’altra sera era magnifica, no? Solo a vedere che cosa riesce a fare. Lei è eccezionale, però credo che lei non sia, per così dire, un’eccezione tra tutti i bambini. Ciò che qui abbiamo è una persona estremamente dedicata che ha scoperto un talento. E sono convinto che tutti i bambini hanno enormi talenti. E noi li sprechiamo, senza pietà. Quindi voglio parlare di educazione evoglio parlare di creatività. Il mio argomento è che la creatività è tanto importante quantol’alfabetizzazione e le dovremmo trattare alla pari. (Applausi) Grazie. Tutto qua. Grazie mille. (Risate) Dunque, 15 minuti ancora … Beh, sono nato – no. (Risate)
Recentemente ho sentito una bella storia – amo raccontarla – di una ragazzina durante una lezione di disegno. Aveva 6 anni, era seduta in fondo e disegnava. L’insegnante diceva che questa ragazzina di solito non stava attenta, ma in questa lezione invece sì. L’insegnante era affascinata, andò da lei e le chiese: “Che cosa stai disegnando?”. E la ragazzina rispose: “Sto disegnando Dio”. E l’insegnante disse: “Ma nessuno sa che aspetto abbia”. E la ragazzina: “Lo sapranno tra poco”. (Risate)
Quando mio figlio aveva quattro anni in Inghilterra – a essere sincero aveva quattro anni ovunque. (Risate) A voler essere rigorosi, quell’anno aveva quattro anni in qualsiasi posto andasse. Partecipava al teatrino della Natività. Vi ricordate la storia? Era una grande storia. Mel Gibson fece il sequel. Forse l’avete visto: “Natività II”. Comunque, James faceva la parte di Giuseppe e noi ne eravamo entusiasti. La consideravamo una delle parti più importanti.Riempimmo il posto con sostenitori in T-shirt: “James Robinson È Giuseppe!”. (Risate) Non doveva dire niente, ma conoscete la parte dove entrano i tre Re. Entrano portando i regali,portano oro, franchincenso e mirra. È successo davvero. Eravamo lì seduti e credo che si fossero scambiati i posti, perché dopo abbiamo parlato con il ragazzino e abbiamo detto “Ti va bene così?” e lui: “Sì, perché, che c’è che non va?”. Si erano semplicemente cambiati di posto, tutto qua. Comunque, i tre ragazzi entrarono, quattrenni con tovagliolini in testa,posarono queste scatole per terra e il primo ragazzino disse: “Vi porto oro”. E il secondo ragazzino disse: “Vi porto mirra”. E il terzo ragazzino disse: “Questo l’ha mandato Frank!”. (Risate)
Ciò che queste cose hanno in comune è che i bambini si buttano. Se non sanno qualcosa, ci provano. Giusto? Non hanno paura di sbagliare. Ora, non voglio dire che sbagliare è uguale a essere creativi. Ciò che sappiamo è che se non sei preparato a sbagliare, non ti verrà mai in mente qualcosa di originale. Se non sei preparato a sbagliare. E quando diventano adulti la maggior parte di loro ha perso quella capacità. Sono diventati terrorizzati di sbagliare. E noi gestiamo le nostre aziende in quel modo, stigmatizziamo errori. E abbiamo sistemi nazionali d’istruzione dove gli errori sono la cosa più grave che puoi fare. E il risultato è che stiamo educando le persone escludendole dalla loro capacità creativa.Picasso una volta disse che tutti i bambini nascono artisti. Il problema è rimanerlo anche da adulti. Io sono convinto che non diventiamo creativi, ma che disimpariamo ad esserlo. O piuttosto, ci insegnano a non esserlo. Dunque perché è così?
Ho vissuto a Stratford-on Avon fino a cinque anni fa. Ci siamo trasferiti da Stratford a Los Angeles. Vi potete immaginare quanto sia stato facile il trasferimento. (Risate) Veramente,abitavamo in un posto di nome Snitterfield, appena fuori Stratford, il posto dove nacque il padre di Shakespeare. Vi viene in mente qualcosa? A me sì. Non pensate al fatto che Shakespeare aveva un padre. No? Davvero? Perché non vien da pensare a Shakespeare come ragazzino, o sì? Shakespeare a sette anni? Io non ci ho mai pensato. Avrà pur avuto sette anni un tempo. Sarà stato nella lezione d’inglese di qualcuno, no? (Risate) Quanto sarebbe seccante? “Più impegno”. Essere mandato a letto dal papà che dice: “Vai a letto, ora!”, a William Shakespeare, “e metti via la penna. E smettila di parlare così, confonde la gente”. (Risate)
Comunque, ci siamo trasferiti da Stratfort a Los Angeles e vorrei dire qualcosa sul trasferimento. Mio figlio non voleva venire. Ho due figli. Lui ha 21 anni ora, mia figlia 16. Lui non voleva venire a Los Angeles. Gli piaceva ma aveva una ragazza in Inghilterra. Era l’amore della sua vita, Sarah. La conosceva da un mese. Festeggiavano già il loro quarto anniversario. Perché è un lungo periodo a 16 anni. Lui era abbastanza lunatico in aereo e disse: “Non troverò mai più una ragazza come Sarah”. E noi eravamo piuttosto contenti, francamente. Lei era la nostra ragione principale per lasciare il Paese. (Risate)
Ma c’è una cosa che ti colpisce quando ti trasferisci in America e se viaggi per il mondo:ogni sistema di istruzione ha la stessa gerarchia di materie. Ognuno. Non importa dove vai.Credi che sia diverso, ma non lo è. In cima ci sono le scienze matematiche e le lingue, poi le discipline umanistiche e in fondo l’arte. Ovunque nel mondo. E, più o meno, anche all’interno di ogni sistema. Esiste una gerarchia nelle arti. L’arte e la musica occupano una posizione più alta nelle scuole rispetto a recitazione e danza. Non esiste sistema educativo sul pianeta che insegni danza ai bambini ogni giorno, così come insegniamo la matematica. Perché? Perché no? Credo che sia importante. Credo che la matematica sia molto importante, ma altrettanto la danza. I bambini ballano tutto il tempo se possono, noi tutti lo facciamo. Abbiamo tutti un corpo, o no? Mi sono perso qualcosa? (Risate) In verità, ciò che succede è che, quando i bambini crescono, noi iniziamo a educarli progressivamente dalla pancia in su. E poi ci focalizziamo sulle loro teste. E leggermente verso una parte.
Se tu visitassi il sistema educativo da alieno e ti chiedessi “A che serve la pubblica istruzione?” credo che dovresti concludere – vedendo il risultato, chi ha successo in questo sistema, chi fa tutto quel che deve, chi viene onorato, chi sono i vincitori – credo che dovresti concludere che lo scopo dell’istruzione pubblica in tutto il mondo sia quello di produrre professori universitari. O no? Loro sono le persone che stanno in cima. E io ero uno di loro, quindi. (Risate) A me piacciono i professori universitari, ma non li dovremmo considerare come il risultato più alto raggiungibile. Sono solo una forma di vita, un’altra forma di vita. Ma sono piuttosto curiosi e lo dico con affetto per loro. C’è qualcosa di curioso nei professori, per quel che è la mia esperienza – non tutti, ma di solito – vivono nella loro testa. Vivono lassù e leggermente da una parte. Sono scorporati, avete presente, quasi in senso letterale. Vedono i loro corpi come un mezzo di trasporto per le loro teste, no?(Risate) È un modo per portare le loro teste ai meeting. Se volete una prova concreta di esperienze extracorporee andate ad una conferenza di accademici attempati e fate un salto nella discoteca, all’ultima sera. (Risate) E lo vedrete, uomini e donne adulti scuotersi incontrollabilmente, fuori tempo, aspettando che finisca per andare a casa e scriverne qualcosa.
Il nostro sistema educativo è basato sull’idea di abilità accademiche. E c’è una ragione.Tutto il sistema è stato inventato – in tutto il mondo non c’erano scuole pubbliche prima del XIX secolo. Furono create per venire incontro ai fabbisogni industriali. Quindi la gerarchia è fondata su due idee. Numero uno: che le discipline più utili per il lavoro sono in cima. Voi probabilmente siete stati benignamente allontanati da cose che vi piacevano da bambini a scuola, sulla base che non avreste mai trovato un lavoro facendo quello, no? Non fare musica, non diventerai un musicista; non fare arte, non sarai un artista. Avvisi benevoli – ma ora profondamente sbagliati. Il mondo intero è in subbuglio. E, punto secondo, è l’abilità accademica che oggi domina la nostra idea d’intelligenza, perché le università hanno creato il sistema a loro immagine. Se ci pensate, tutto il sistema della pubblica istruzione, in tutto il mondo, si concentra sull’ammissione all’università. E la conseguenza è che tante persone di talento, persone brillanti, creative, credono di non esserlo. Perché la cosa per la quale erano bravi a scuola non le si dava valore, o era perfino stigmatizzata. E credo che non ci possiamo permettere di andare avanti così.
Nei prossimi 30 anni, secondo l’UNESCO, si laureeranno più persone al mondo di tutte quelle che si sono laureate dall’inizio della storia. Più persone, ed è la combinazione di tutte le cose delle quali abbiamo parlato, la tecnologia e il suo effetto di cambiamento sul lavoro e la demografia e il grande incremento della popolazione. Ad un tratto i titoli di studio non valgono nulla, non è vero? Quando ero studente, se avevi una laurea avevi un lavoro. Se non avevi un lavoro era perché non ne volevi uno. E io, francamente, non ne volevo uno. (Risate)Ma oggi giovani con una laurea in tasca spesso sono a casa a giocare con i videogame,perché ti serve la laurea specialistica dove prima ti serviva quella normale e adesso ti serve il PhD per l’altra. È un processo di inflazione accademica. E ci indica che tutta la struttura educativa si sta spostando sotto i nostri piedi. Dobbiamo ripensare radicalmente la nostra idea di intelligenza.
Sappiamo tre cose sull’intelligenza. Anzitutto, che è varia. Pensiamo il mondo in tutti i modinei quali lo percepiamo. Riflettiamo visualmente, uditivamente, cinesteticamente. Pensiamo in modo astratto, in movimenti. Secondo, l’intelligenza è dinamica. Se guardiamo le interazioni di un cervello umano, come abbiamo sentito ieri da alcune presentazioni,l’intelligenza è meravigliosamente interattiva. Il cervello non è suddiviso in compartimenti.Infatti, la creatività – che io definisco come il processo che porta ad idee originali di valore –si manifesta spesso tramite l’interazione di modi differenti di vedere le cose.
Il cervello stesso lo fa intenzionalmente – c’è un fascio di nervi che connette le due parti del cervello chiamato corpus callosum. È più ampio nelle donne. Riagganciandomi al discorso di Helen di ieri, credo che sia per questo che le donne sono migliori nel multitasking.Perché lo siete. Ci sono un sacco di ricerche, ma lo so anche dalla mia esperienza personale. Quando mia moglie cucina – cosa che non accade spesso, per fortuna. (Risate)Sapete, lei sta facendo – no, è brava in alcune cose – ma se cucina, parla al telefono, parla con i bambini, tinge il soffitto, fa un intervento a cuore aperto. Se cucino io, la porta è chiusa, i bambini sono fuori, il telefono deve aspettare e se lei entra mi irrita. Dico, “Terry, per favore, sto cercando di friggere un uovo. Lasciami stare”. (Risate) A proposito, conoscete quel vecchio detto filosofico, se nella foresta cade un albero e nessuno lo sente,è accaduto veramente? Vi ricordate quella vecchia battuta? Ho visto una T-shirt poco fa con sopra: “Se un uomo dice quel che pensa in una foresta, e nessuna donna lo sente, ha ancora torto?”. (Risate)
E la terza cosa sull’intelligenza è che è distinta. Sto scrivendo un nuovo libro chiamato “Epiphany”, che si basa su una serie di interviste di persone su come hanno scoperto il loro talento. Mi affascina come le persone ci sono arrivate. Nasce da una conversazione che ho avuto con una donna meravigliosa, che tante persone non conoscono, si chiama Gillian Lynne, ne avete sentito parlare? Alcuni sì. È una coreografa e tutti conoscono i suoi lavori.Ha fatto “Cats” e “Phantom of the Opera”. Lei è meravigliosa. Sono stato tra i dirigenti del Royal Ballet, in Inghilterra, come potete vedere. Comunque, abbiamo pranzato insieme un giorno e ho detto “Gillian, come sei diventata ballerina?”. E lei disse, era interessante, quando lei era a scuola era davvero senza speranza. E la sua scuola, negli anni 30, scrisse ai genitori e disse, “Crediamo che Gillian abbia problemi di apprendimento”. Non era capace di concentrarsi, diventava nervosa. Oggi direbbero che ha l’ADHD [Sindrome da Deficit di Attenzione e Iperattività]. Non credete? Ma siamo attorno al 1930 e l’ADHD non l’avevano ancora inventata. Non era una condizione disponibile allora. (Risate) La gente non sapeva che poteva averla.
Comunque, andò a farsi vedere da questo specialista. Stanza in legno di rovere … Ed era là con sua madre, era stata accompagnata e fatta accomodare su una sedia e alla fine stette seduta sulle sue mani per 20 minuti, mentre quell’uomo parlò con la madre di tutti i problemi che Gillian aveva a scuola. E alla fine – perché disturbava la gente, portava il compito in ritardo e così via, era una bambina di appena 8 anni – alla fine, il medico si sedette vicino a Gillian e disse: “Gillian, ho ascoltato tutte quelle cose che tua madre mi ha detto e le devo parlare a quattr’occhi”. Le disse: “Aspettaci qua, non ci metteremo molto”. E se ne andarono. Ma quando lasciarono la stanza egli accese la radio appoggiata sulla scrivania. E quando erano fuori dalla stanza disse alla madre, “Ora la guardi”. E appena se n’erano andati, lei disse, lei era in piedi e si muoveva con la musica. E la guardarono per qualche minuto ed egli disse a sua madre, “Signora Lynne, Gilian non è malata, è una danzatrice.La porti a una scuola di danza”.
Io chiesi “E poi?” e lei mi disse: “Lo fece. Non ti puoi immaginare quanto era bello.Entravamo in quella stanza ed era piena di gente come me. Gente incapace di stare ferma.Gente che si doveva muovere per pensare”. Ballavano balletto, tap, jazz danza moderna e contemporanea. Alla fine fece un’audizione per il Royal Ballet School, diventò una solista ed ebbe una splendida carriera al Royal Ballet. E infine si diplomò alla Royal Ballet School, fondò una sua company, la Gillian Lynne Dance Company, e conobbe Andrew Llozd Weber. Lei è stata responsabile di alcune tra le più famose produzioni del teatro musicale della storia, ha portato diletto a milioni di persone ed è multi-milionaria. Un altro le avrebbe somministrato qualche farmaco e detto di calmarsi. Ora, credo – (Applausi)
Credo che il punto sia questo: Al Gore l’altra sera ha parlato di ecologia e della rivoluzione partita da Rachel Carson. Credo che la nostra unica speranza per il futuro sia di adottare una nuova concezione di ecologia umana, nella quale cominciare a ricostruire la nostra concezione della ricchezza delle capacità umane. Il nostro sistema educativo ha sfruttato le nostre teste come noi abbiamo sfruttato la terra: per strapparle una particolare risorsa. E per il futuro non ci servirà. Dobbiamo ripensare i principi fondamentali sui quali educhiamo i nostri figli. C’è una magnifica citazione di Jonas Salk, disse: “Se tutti gli insetti scomparissero dalla Terra, entro 50 anni tutta la vita sulla Terra finirebbe. Se tutti gli esseri umani scomparissero dalla Terra, entro 50 anni tutte le forme di vita fiorirebbero”. E ha ragione.
Ciò che TED celebra è il dono dell’immaginazione umana. Dobbiamo fare attenzione ad usare questo dono saggiamente ed evitare alcuni degli scenari dei quali abbiamo parlato. E lo faremo solo se sapremo vedere le nostre capacità creative per la ricchezza che sono e se sapremo vedere i nostri figli per la speranza che sono. Il nostro compito è di educarli nella loro interezza affinché possano affrontare il loro futuro. Forse noi non vedremo questo futuro,ma loro sì. E il nostro compito è di aiutarli a farne qualcosa. Grazie mille.
Traduzione n. 2
Sono stato qui quattro anni fa e mi ricordo che a quel tempo i TEDTalks non venivano messi online; credo che venissero dati ai partecipanti in una raccolta di DVD, che finivano su qualche scaffale, dove sono adesso.
A dir il vero Chris mi chiamò una settimana dopo il mio intervento e disse: “Cominceremo a metterli online. Possiamo mettere il tuo online?” E io dissi, “certo”.
E quattro anni dopo, è stato visto da quattro… è stato scaricato quattro milioni di volte. Per cui, suppongo che si possa moltiplicare per circa venti per avere il numero delle persone che lo hanno visto. E come dice Chris, c’è una fame… di video di me.
L’intero evento è stato un’elaborata messa in scena per farmene fare un altro, quindi eccolo qui.
Al Gore ha parlato alla conferenza alla quale ho parlato io quattro anni fa e ha ci ha raccontato della crisi climatica. E ho menzionato il suo discorso alla fine del mio discorso.Quindi vorrei riprendere da quel punto perché, francamente, avevo solo 18 minuti. Quindi, come stavo dicendo…
Lui ha ragione. Voglio dire, c’è una grave crisi climatica, ovviamente. E penso che coloro che non ci credono, dovrebbero uscire di più. (Risate) Ma credo che ci sia anche una seconda crisi climatica, che è altrettanto grave, che ha le stesse origini e che dobbiamo affrontare con la stessa urgenza. E intendo – voi magari direte “sono a posto così, me ne basta una di crisi; non me ne serve un’altra”. Ma questa è una crisi non di risorse naturali,sebbene io credo che esista, ma una crisi di risorse umane.
Io credo, fondamentalmente, così come hanno detto molti relatori nei giorni scorsi, che facciamo un uso davvero pessimo dei nostri talenti. Moltissime persone trascorrono l’intera vita senza una reale consapevolezza di quali possono essere i loro talenti, o se ne hanno qualcuno. Incontro una miriade di persone che pensano di non essere davvero brave in niente.
Veramente, adesso divido il mondo in due gruppi. Jeremy Bentham, il grande filosofo utilitarista, una volta vivacizzò l’argomento. Disse: “Ci sono due tipi di persone in questo mondo, quelli che dividono il mondo in due gruppi e quelli che non lo fanno.” (Risate)Ebbene, io lo faccio. (Risate)
Incontro una miriade di persone che non sono appassionate di ciò che fanno.Semplicemente trascorrono la loro vita tirando avanti. Non traggono un grande piacere da quel che fanno. Lo sopportano, piuttosto che goderselo e aspettano che arrivi il weekend.Ma incontro anche persone che amano quel che fanno e non riescono ad immaginare di far qualcos’altro. Se dici loro “lascia stare, fai altro” si domandano di che stai parlando. Perché non è quello che fanno ma è quello che sono. Dicono: “Ma questo sono io. Sarebbe da matti per me abbandonarlo, perché esprime il me stesso più autentico.” E non è così per abbastanza gente. Anzi, al contrario, certamente è così per una minoranza. Penso che ci siano molte
possibili spiegazioni a riguardo. E tra le principali c’è l’educazione, l’istruzione. Perché i sistemi educativi, in certo modo, allontanano moltissime persone dai loro talenti naturali. Le risorse umane sono come le risorse naturali; giacciono spesso in profondità. Devi andare a cercarle. Non si presentano in superficie. Bisogna creare le condizioni per permettere ad esse di manifestarsi. E ci si può immaginare che è l’educazione il contesto dove ciò accade. Ma troppo spesso non è così. Ogni sistema educativo al mondo sta per essere riformato. Ma non è abbastanza. Le riforme non servono più a niente, perché semplicemente migliorano un modello fallimentare. Ciò di cui abbiamo bisogno – e la parola è stata usata molte volte nel corso degli ultimi giorni – non è una evoluzione, ma una rivoluzione nell’educazione. Tutto questo deve essere trasformato in qualcos’altro.
Una delle sfide più cruciali è di innovare alle fondamenta i sistemi educativi. Innovare è difficile perché significa fare qualcosa che per la gente non è così semplice. Significa mettere in discussione ciò che diamo per scontato, le cose che pensiamo siano ovvie. Il grande problema delle riforme o delle trasformazioni è la tirannia del senso comune, quando la gente pensa, “Beh, non si può fare in altro modo perché è così che si fa.”
Ho trovato una bella citazione di Abraham Lincoln, il quale, ho pensato, vi piacerà sentire citato a questo punto. (Risate) La pronunciò nel dicembre del 1862 al secondo incontro annuale del Congresso. Dovrei aggiungere che non ho la più pallida idea di che cosa stesse succedendo a quel tempo. Noi non insegniamo storia americana in Gran Bretagna. (Risate)La sopprimiamo. Questa è la nostra policy. (Risate) Non c’è dubbio che qualcosa di interessante stava succedendo nel dicembre 1862, di cui, gli americani tra noi saranno a conoscenza.
Comunque, disse questo: “I dogmi del tranquillo passato sono inadeguati al burrascoso presente. La situazione è irta di difficoltà e dobbiamo essere all’altezza con la situazione.”Mi piace molto. Non dice all’altezza di essa, ma con essa. “Poiché il caso è nuovo,dobbiamo pensare in modo nuovo ed agire in modo nuovo. Dobbiamo emancipare noi stessie così salveremo il nostro Paese.”
Mi piace quella parola, “emanciparsi”. Sapete che cosa significa? Significa che ci sono delle idee alle quali siamo assoggettati, che semplicemente diamo per scontate come ordine naturale delle cose. E molte delle nostre idee sono state formate non per far fronte alle circostanze di questo secolo, ma per far fronte alle circostanze dei secoli precedenti. Ma le nostre menti sono ancora ipnotizzate da esse. Dobbiamo liberare noi stessi da alcune di queste idee. Questo è più facile a dirsi che a farsi. È molto difficile rendersi conto di ciò che diamo per scontato. E la ragione è appunto che lo diamo per scontato.
Vediamo dunque una cosa che potreste dare per scontata. Quanti di voi hanno più di 25 anni? Non è questo che penso che diate per scontato. Sono sicuro che con questo avete già una certa familiarità. Ci sono qui delle persone sotto i 25 anni? Ottimo. Adesso quelli sopra i 25 anni, alzino la mano quelli che indossano un orologio al polso. Ce ne sono un bel po’ no? Provate a fare la stessa domanda in una sala piena di adolescenti. Gli adolescenti non indossano orologi da polso. Non intendo dire che non possono, semplicemente spesso decidono di non portarli. E la ragione è che noi siamo cresciuti in una cultura pre-digitale, noi sopra i 25. Così per noi, se vogliamo sapere che ore sono, dobbiamo avere al polso qualcosa che ce lo dica. I ragazzi adesso vivono in un mondo che è digitalizzato, e l’ora, per loro, è dappertutto. Non vedono alcuna ragione per portare un orologio. E, tra parentesi, neanche voi ne avete bisogno; è solo che lo avete sempre fatto e continuate a farlo. Mi figlia non porta mai l’orologio, mi figlia Kate, che ha vent’anni. Non ne vede la necessità. Come dice lei, “È un dispositivo mono-funzione.” (Risate) “È proprio da sfigati.” E io dico, “No, no, ti dice anche la data.” (Risate) “Ha funzioni multiple.”
Vedete, anche nell’istruzione ci sono idee che imbrigliano. Vi faccio un paio di esempi. Una di queste è l’idea di linearità, si comincia qui e si prosegue su un percorso prefissato e se fai tutto giusto finirai sistemato per il resto della tua vita. Tutti quelli che hanno parlato a TED ci hanno implicitamente, e qualche volta esplicitamente, raccontato un’altra storia, cioè che la vita non è lineare ma organica. Creiamo le nostre vite simbioticamente mentre esploriamo i nostri talenti, in relazione alle circostanze che essi hanno contribuito a creare.Ma siamo diventati ossessionati da questa storia della linearità. E probabilmente il pinnacolo dell’istruzione consiste nell’andare all’università. Credo che siamo ossessionati dall’idea di mandare le persone all’università, a certe università. Non voglio dire che non ci si dovrebbe andare, ma che non tutti devono farlo e non tutti devono andarci subito. Magari più avanti, non immediatamente.
Qualche tempo fa ero a San Francisco per autografare il mio libro. E lì c’era un tizio, sulla trentina, che aveva comperato il libro. E io gli dico “Che lavoro fa?” E lui dice, “Sono un pompiere.” E io, “Da quanto tempo è un pompiere?” E lui dice, “Da sempre, lo sono sempre stato.” E io dico, “Ma quando ha deciso di diventarlo?” E lui dice, “Da bambino. Veramente per me era un problema a scuola, perché a scuola tutti volevano fare il pompiere da grande.”Disse, “Ma io volevo davvero fare il pompiere.” E disse, “Quando arrivai agli ultimi anni della scuola, i miei insegnati non mi presero sul serio. Un certo insegnante non mi prese sul serio. Disse che avrei buttato via la mia vita se avessi scelto di fare questo, che avrei dovuto andare all’università e diventare un professionista, che avevo un grande potenziale e avrei sprecato il mio talento altrimenti.” E disse, “Era umiliante perché lo disse di fronte a tutta la classe e io ci rimasi molto male. Ma era ciò che davvero volevo e, appena finita la scuola,feci domanda per entrare nei Vigili del Fuoco e fui accettato.” E disse, ”Sa una cosa, stavo pensando a quell’insegnante qualche minuto fa, mentre lei parlava” disse, “perché sei mesi fa gli ho salvato la vita.” (Risate) Era tra i rottami della sua automobile, l’ho tirato fuori e praticato la rianimazione cardiopolmonare. E ho salvato anche la vita di sua moglie.” Disse, “Credo che adesso abbia una migliore opinione di me.”
Vedete, per me, le comunità umane si reggono sulla diversità dei talenti, non su una singola concezione di abilità. E al cuore delle nostre sfide – (Applausi) Al cuore della sfida c’è la ricostituzione dell’idea di abilità e di intelligenza. Questa cosa della linearità è un problema.
Quando sono arrivato a Los Angeles, circa nove anni fa, mi sono imbattuto in un documento ufficiale che con le più buone intenzioni diceva: “L’università comincia dall’asilo.” No, non è così. (Risate) Non comincia qui. Se avessimo tempo potrei spiegare, ma non l’abbiamo.(Risate) L’asilo comincia all’asilo. (Risate) Un mio amico una volta disse, “Un bambino di tre anni non è la metà di uno di sei.” (Risate) (Applausi) È un bambino di tre anni.
Ma, come abbiamo sentito nella sessione precedente, c’è così grande competizione per entrare all’asilo, per entrare nel “giusto” asilo, che alla gente fanno dei colloqui, a tre anni.Bimbi seduti di fronte ad una commissione con il loro curriculum, (Risate) mentre viene sfogliato e ti senti dire “Beh? Tutto qua?” (Risate) (Applausi) “Sei in giro da 36 mesi ed è tutto qua?” (Risate) Non hai fatto niente. “Hai trascorso i primi sei mesi a poppare, per quel che vedo.” (Risate) Vedete, è una concezione oltraggiosa, ma attrae la gente.
L’altro grande problema è il conformismo. Abbiamo realizzato sistemi educativi sul modello del fast food. Jamie Oliver ha parlato su queste cose qualche giorno fa. Ci sono due modelli di valutazione della qualità nella ristorazione. Uno è il fast food, dove tutto è standardizzato.E l’altro sono cose tipo Zagat o la Guida Michelin dei ristoranti, dove niente è standardizzato, ma personalizzato a seconda delle caratteristiche locali. E noi ci siamo svenduti ad un modello educativo fast food. E sta impoverendo il nostro spirito e le nostre energie così come il fast food sta deteriorando i nostri corpi.
Credo che qui dobbiamo riconoscere un paio di cose. Anzitutto che il talento umano è tremendamente diversificato. Le attitudini delle persone sono molto diverse. Mi sono reso conto recentemente che mi è stata data una chitarra da bambino più o meno alla stessa età alla quale ad Eric Clapton è stata data una. Insomma, voglio dire, ha funzionato per Eric.(Risate) Non per me. Non riuscivo a far funzionare ‘sta cosa per quanto spesso e forte ci soffiassi dentro. Semplicemente non andava.
Ma non è solo questo. È questione di passione. Spesso le persone sono brave nelle cose che non gli interessano. È questione di passione e di ciò che entusiasma il nostro spirito e ci dà energia. E se si fanno le cose che si amano, quelle per le quali si è bravi, il tempo prende una nuova strada completamente. Mia moglie ha appena finito di scrivere un romanzo, e credo che sarà un bel libro, ma lei sparisce per ore quando scrive. Lo sapete, quando si fa qualcosa che si ama un’ora sembra cinque minuti. Se si fa una cosa che non risuona con il proprio spirito, cinque minuti sembrano un’ora. E la ragione per la quale così tante persone rinunciano all’istruzione è perché non nutre il loro spirito, non alimenta la loro energia o la loro passione.
Quindi credo che dobbiamo cambiare le metafore. Dobbiamo passare da un modello industriale dell’educazione, un modello di produzione, che è basato sulla linearità sul conformismo e sulla segmentazione delle persone. Dobbiamo passare ad un modellobasato più sui principi dell’agricoltura. Dobbiamo riconoscere che la crescita dell’essere umano non è un processo meccanico, è un processo organico. E non si può predire il risultato finale dello sviluppo umano; tutto quel che possiamo fare, come un agricoltore, è creare le condizioni entro le quali cominceranno a crescere e svilupparsi.
Quindi, pensare di riformare e trasformare l’educazione, non è come clonare un sistema. Ce ne sono di ottimi, come KIPP, ottimo sistema. Ci sono molti ottimi modelli. Ma è questione di personalizzazione sulla tua situazione, e personalizzare l’educazione alle persone alle quali stai insegnando. E questo credo sia la risposta al futuro perché non è questione di adattare una nuova soluzione; è questione di creare un movimento nell’educazione nel quale le persone sviluppino le loro soluzioni, ma con il supporto esterno a un percorso personalizzato.
In questa sala, ci sono persone che rappresentano risorse straordinarie nel business, nel multimedia e in Internet. Queste tecnologie, combinate con talenti straordinari di insegnanti,forniscono l’opportunità di rivoluzionare l’educazione. E vi sollecito a prenderne parte perché è vitale, non solo per noi stessi, ma per il futuro dei nostri figli. Ma dobbiamo passare dal modello industriale ad un modello agreste, così che ogni scuola possa fiorire domani. È qui che i bambini fanno esperienza della vita. O a casa, se è lì che si è scelto di educarli, con le loro famiglie o i loro amici.
Si è parlato molto di sogni nel corso di questi ultimi giorni. E vorrei, molto rapidamente – mi hanno colpito molto le canzoni di Natalie Merchant, l’altra sera, recuperare le vecchie poesie. Vorrei leggervi una breve poesia di W.B. Yeats, qualcuno lo conoscerà. La scrisse al suo amore, Maud Gonne, dispiacendosi del fatto che non era in grado di darle quello che avrebbe voluto. E disse: “Ho qualcos’altro ma forse non è quello che tu vuoi”.
E disse: “Se avessi i drappi ricamati del cielo, intessuti della luce dell’oro e dell’argento, i drappi azzurri e quelli dai colori chiari e scuri, delle mezze luci del giorno e della notte,stenderei quei drappi sotto i tuoi piedi. Ma io, essendo povero, ho solo i miei sogni. Ed i miei sogni ho steso sotto i tuoi piedi. Cammina leggera, perché cammini sui miei sogni. E ogni giorno, in ogni luogo, i nostri figli stendono i loro sogni sotto i nostri piedi. E noi dovremmo camminare con piede leggero.