#Storie di Coaching. Essere Felici. La storia di Emanuela D.

#Storie di Coaching. Una rubrica che racconta le storie di chi utilizza il Coaching per vivere meglio.

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D: ANNARITA in questo momento storico molte paure sembrano bloccare tante persone. Sentiamo parlare di odio, di rabbia, di rancore. Raramente di felicità e di gioia. Nel tuo lavoro immagino che spesso le soffrano per queste emozioni. Le persone che si rivolgono a te, di cosa parlano?

ANNARITA: Nei percorsi di Life Coaching spesso si affronta il tema della felicità; molti credono erroneamente che la felicità sia la totale assenza di problemi, ma così non è. Le persone sono nate per affrontare e risolvere problemi, anzi alcuni si divertono moltissimo proprio nell’affrontare i problemi, nel gestirli e nell’imparare da essi. Certo va fatto un distinguo da problema a problema: lutti, malattie, perdite gravi creano traumi e impediscono per un certo tempo, a volte molto lungo,  di essere felici. Ma è provato che anche dopo un grave trauma possiamo dopo un certo periodo di tempo recuperare la capacità di essere felici.

La felicità allora è più vicina all’autorealizzazione ed alla capacità di decidere in modo  consapevole di voler  creare un contesto nel quale possa comparire la gioia. Apparentemente non possiamo comandarla, ma se non creiamo le condizioni perché appaia allora la nostra attesa sarà vana.

girl-1417541_1920D: ma cos’è la gioia?

«La gioia è la nostra essenza, il nostro stato naturale d’essere: siamo fatti così. Se hai dei dubbi, prova ad osservare i tuoi bambini di 3 o 4 anni, che possono prendere in mano un pezzo di legno e provare una sensazione di gioia per questo. Non hanno fatto nulla di proposito per essere nella gioia. Possono trascorrere ore a giocare con una scarpa o un cacciavite e quando li guardi in faccia sono l’emanazione della gioia. La gioia appare nel momento in cui smettiamo di avere paura. Non ci sono azioni da prendere: semplicemente smettere di preoccuparsi».

Questo dice Sami Cohen rispetto alla felicità. Siamo nati naturalmente felici e poi…molti fattori incidono,  ma la sensazione di perdere nel tempo la capacità di essere felici accomuna molte persone.

D: quindi in pratica…come raggiungerla?

ANNARITA: Per prima cosa è bene chiarire che  la gioia non viene dall’esterno. Tu puoi avere tutto e non essere in grado di provarla. Come si può vedere nei neonati, la gioia è la nostra vera essenza e si manifesta naturalmente quando ci mettiamo in una condizione di mancanza di paura. La paura ci priva della gioia. Per quanto al giorno d’oggi ci troviamo rarissimamente in condizioni di pericolo fisico (anche se la sensazione di pericolo è aumentata ovviamente alla luce dei fatti terribili degli ultimi mesi), tuttavia siamo più spesso  circondati da diversi pericoli psicologici. Paura di non valere abbastanza: abbastanza intelligenti, magri, belli. Paura di non avere abbastanza: abbastanza amore, riconoscimento, tempo o denaro. Tutte queste paure ci impediscono di provare la gioia.

D: Quindi la gioia è l’assenza di paura? Paura e gioia sono connesse?

ANNARITA: sulla paura mi capita spesso di lavorare. Parlando di persone vorrei raccontare la storia di Emanuela. Emanuela è una ragazza giovane, poco più che trentenne. Laureata, capace, intelligente, carina. Di quelle persone che all’apparenza hanno appunto tutto. Ma completamente bloccata dalle paure che le impediscono di mostrarsi veramente; da notare che le sue paure erano inconsapevoli. Ci sono volute un po’ di sessioni perché se ne rendesse conto ed accettasse di dare loro un nome.

D: che cosa ha spinto Emanuela a chiedere il tuo aiuto?

ANNARITA: principalmente l’insoddisfazione al lavoro. Come molte giovani donne che sono consapevoli del loro valore, si sentiva frustrata dal fatto di non essere ascoltata abbastanza. Faticava a farsi notare; nei momenti cruciali si sentiva poco considerata. Viveva un periodo di apatia; si sentiva bloccata e questo le impediva di essere serena anche nella vita privata. Nella prima sessione mi ha riferito che non provava gioia da tanto tempo e che pensava che non sarebbe stata più felice se non avesse cambiato lavoro.

fear-617132_1920D: che problemi avete deciso di affrontare?

ANNARITA: siamo partiti dal rapporto con le emozioni. Dalla codifica di base se così si può dire. E’ incredibile quanto siamo ignoranti a livello emotivo; non siamo allenate a comprendere il messaggio emotivo, anche se le emozioni le proviamo, eccome! Ma dare loro un nome esatto e capire cosa ci stanno dicendo…è un’altra storia. Quindi abbiamo lavorato sul profilo emotivo di Emanuela, sulle sue competenze emotive. Abbiamo fatto un EQ Assessment e dal report in esito abbiamo potuto lavorare sui punti di forza e di debolezza.

D: che ostacoli ci sono stati?

ANNARITA: non parlerei di ostacoli, ma di momenti di consapevolezza. Riconoscere il proprio Profilo Emotivo è senz’ altro positivo, ma ci pone di fronte alla responsabilità di agire pienamente le nostre capacità e compensare i nostri gap. A volte è spiazzante; capisci cose che non ti aspettavi, come vedere la realtà con altri occhi. E’ chiaro che è anche sfidante, faticoso.

D: come sono cambiate le cose per Emanuela?

ANNARITA: ha compreso quanto il suo comportamento e le sue paure incidessero sulla percezione degli altri e quindi quanto lei fosse  corresponsabile della loro reazione. Le donne spesso faticano a comprendere che il lavoro è ancora oggi costruito secondo “regole del gioco” maschili e queste regole vanno riconosciute e governate. Le paure di Emanuela la facevano apparire insicura o “incomprensibile” ai suoi colleghi e inaffidabile alle sue colleghe. Un mix esplosivo! In più abbiamo recuperato la capacità di focalizzarsi sulle cose che sul lavoro le piacevano, ricreare un contesto di soddisfazione che c’era ancora ma che lei non era più in grado di vedere, così impegnata com’era nel difendersi da tutto e tutti. Questo le ha permesso di rivedere i suoi obiettivi con calma e serenità, essere più assertiva e negoziare meglio con i colleghi, apparendo più sicura e competente. Molti problemi si sono risolti da soli ed altri sono stati ridimensionati. Ma soprattutto Emanuela ha ripreso ad essere felice, evitando che il lavoro fagocitasse ogni briciolo di tempo a disposizione nei suoi pensieri.

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