Essere introversi non significa essere timidi; la timidezza ha a che fare con il timore del giudizio sociale. L’introversione riguarda il livello di bisogno di stimoli, compresi quelli sociali. Gli estroversi hanno bisogno di stimoli, mentre gli introversi si sentono maggiormente vivi, e lucidi e produttivi nelle situazioni informali e tranquille.
Gli introversi sono spesso oggetto di pregiudizi e bias di giudizio proprio quando, per lasciar scorrere il loro talento, si mettono nella giusta (per loro) dimensione di stimolo, quella bassa.
In altre parole, visto che ho bisogno di tranquillità e calma per funzionare meglio, ecco che proprio in quel momento subisco la reprimenda sociale, che associa in modo ingenuo l’estroversione con l’intelligenza, la sicurezza di sé e l’autostima.
Si valuta sempre più che l’ideale di studente o di lavoratore sia una persona che ama e predilige lavorare in gruppo, anche rispetto a compiti o discipline dove la capacità di riflessione e di astrazione sono fondamentali.Pensiamo che produttività, creatività nascano necessariamente e solo in ambienti ad alto stimolo sociale.
Anche l’ambiente di lavoro penalizza gli introversi, preferendo l’estroversione come valore assoluto rispetto alla leadership, anche se è provato che gli introversi sono più attenti ai dettagli e meno inclini a prendersi rischi eccessivi o sconsiderati.
Eppure molte menti creative sono introverse ed il processo stesso di creatività ha bisogno di solitudine, senza l’ingombrante presenza del gruppo, per poter dare i suoi risultati.
Recuperiamo il piacere e la capacità di stare soli, di riflettere in modo profondo e faticosamente sulle questioni e alleniamo il nostro potere generativo.
Diamo la possibilità ai nostri figli, alunni e colleghi di utilizzare il potere creativo dell’assenza di stimoli incessanti.
Alleniamo la nostra capacità di rimanere concentrati a lungo, privi di distrazioni.